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LA FUNZIONE DEL DESIGN: guida paradossale per auto-discolparci

12/9/2021

 
Si… Hai letto bene… Il titolo di questo articolo ti ha incuriosito? Una guida per discolparci, cosa vorrà dire? E su cosa, poi? Se sei qui, forse di qualcosa vuoi davvero discolparti!
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Gli oggetti e la loro funzione
In questo articolo si parla di design: partiamo dal presupposto che il design nasce per rendere più facile il nostro rapporto con gli oggetti. Quanti ne abbiamo costantemente davanti agli occhi, cinquanta, cento, diecimila? Non fa differenza, ognuno di loro è stato creato per facilitarci la quotidianità, teoricamente.
La verità è che in molti casi il design ha, “per rabbia consumistica”, generato oggetti puntando molto più sull’estetica e complicando macchine che nella loro semplicità svolgevano in modo impeccabile il compito.
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Icona di design: Juicy Salif, Philippe Starck. 
​Celebrato come esempio di forma al di sopra della funzionalità.

​Questo non vuole essere un articolo arrogante, bensì una riflessione a ritroso, passando per il paradossale e tornando alle origini degli oggetti. Ora scopriamo come…
Apriamo le danze menzionando uno dei massimi esponenti mondiali di design, ergonomia e scienze cognitive degli oggetti: Donald A. Norman. Nella sua carriera pubblica moltissimi lavori (divenuti pilastri del design) e oggi parleremo di un’opera in particolare.
Nel suo eccezionale libro “La caffettiera del masochista” del 1988, Norman descrive i frequenti errori che ciascuno di noi commette usando oggetti quotidiani, e lo fa evidenziandone gli sbagli progettuali ed esponendo la sua tesi a critica della discutibile ergonomia per alcuni di questi prodotti.
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“Quando un dispositivo semplice dev’essere accompagnato da un manuale d’istruzioni - sia pure un manuale di una parola sola - c’è un difetto: cattivo design.”
Estratto da “La caffettiera del masochista”

Se ci fermiamo a pensare, quante volte noi tutti siamo rimasti bloccati da una porta di cui non si capiva se per uscire si dovesse tirare invece che spingere?
Eppure, in quel momento ci sentiamo colpevoli, no? Ci sentiamo goffi, forse anche un po’ tonti per non esser riusciti a comprendere al primo colpo come aprire una porta, apparentemente un’operazione semplice.
Spoiler: non è colpa nostra! Tranquilli, ci pensa Norman a farci cambiare prospettiva.
Nel suo libro, uno dei primi casi che utilizza come esempio di “cattivo design”, è l’intramontabile porta a vetri di grandi palazzi: un suo collega rimane bloccato nell’ingresso di un ufficio postale costituito da vetrate lungo tutto il lato di accesso e uscita, e di cui appunto non ne capiva quale fosse realmente la via d’uscita. Bello il design elegante e minimale, probabilmente (ironizza Norman) il progettista di quella porta avrà anche vinto un premio.
La colpa non è del suo collega (o di chiunque di noi sia incappato nelle grinfie di una porta indecifrabile), bensì di chi ha progettato questi prodotti senza considerare che le risposte dovrebbero risultare chiare dal disegno dell’oggetto, senza dover aggiungere cartelli o simboli e certamente senza bisogno di procedere per tentativi ed errori come la maggior parte di noi si trova spesso a fare. ​
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Esempio di come si può facilmente rendere visibile la funzione degli oggetti.
Estratto da “La caffettiera del masochista” di Donald A. Norman

​Design, tra ironia e paradossi

Negli ultimi anni, sempre più artisti hanno messo in discussione gli oggetti ricorrenti della quotidianità, per portare a una riflessione generale sul senso di ciò che abbiamo attorno. Se ci pensate, nella nostra routine quotidiana veniamo a contatto con moltissimi oggetti, cui siamo talmente abituati da non chiederci mai il perché della loro forma e funzione.
Menzioniamo ancora Norman: ne “La caffettiera del masochista” non manca di citare Jacques Carelman, eclettico artista francese che nel 1969 pubblica il Catalogo degli oggetti introvabili, una rassegna di più di 400 illustrazioni d’oggetti quotidiani reinventati e resi completamente inutili, paradossalmente tutto il contrario di quello che fa il buon design.
Tra questi oggetti introvabili, vediamo la celebre caffettiera del masochista, utilizzata da Norman in copertina al suo libro. ​
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​Con il beccuccio ruotato verso la mano dell'utilizzatore, la funzione della caffettiera viene meno: un oggetto impossibile dal quale il liquido bollente deve necessariamente essere versato sulla mano di chi la impugna.

Sembra quasi una tortura, vero? Al solo pensiero ci tocchiamo le nostre povere mani!
Eppure è proprio questo lo scopo di Carelman: prima scaturisce una risata e subito dopo siamo inconsciamente invitati a riflettere sulla funzionalità degli oggetti, considerando come basti poco per privarli della loro funzione originaria –data per scontata. Prendendo gli stessi addendi e cambiandone posizione, gli oggetti di fatti non hanno più senso.
Troviamo affascinante la creatività di Carelman, tra le irriverenti illustrazioni possiamo ammirare oggetti che sarebbero degni di figurare in cronache fantascientifiche, come la vasca da bagno a portiera, ideata forse per i più pigri? E ancora, il letto per equilibristi, il cucchiaio-pettine (per togliere capelli malauguratamente caduti nella minestra), l‘erogatore automatico per "mettere i puntini sulle i" e l’inutile macchina per scrivere con i geroglifici egizi.
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In realtà questi oggetti introvabili, dietro il loro aspetto inoffensivo nascondono forse un’ironica critica: sono poi tanto più inutili e disfunzionali delle centinaia di oggetti da cui siamo costantemente circondati?
Molti artisti e designers contemporanei hanno iniziato a domandarsi quale fosse il reale nesso tra forma e funzione. I lavori che andremo a illustrarvi sono incentrati in particolare sulla funzione degli oggetti quotidiani e sulla loro reinterpretazione.

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​PUTPUT
Tra chi si pone queste domande, troviamo lo studio danese PUTPUT: il duo reinterpreta gli strumenti con cui veniamo a contatto ogni giorno trasformandoli in prodotti inaspettati nonché in oggetti particolarmente frustranti perché disfunzionali.
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Courtesy PUTPUT
Un martello con catena cui la precisione sembra essere un optional… riuscireste mai a usarlo senza che capiti il peggio? Noi ovviamente non ci abbiamo provato ma… a prescindere è meglio non rischiare!
E la teiera blu che serve del tè bollente a se stessa? Resa del tutto inutilizzabile, così come il rullo per dipingere con la conchiglia: solo per imbiancare 1mq di muro, noi ci impiegheremmo cinque anni.
E infine, una sedia rossa con schienale “candeloso” da accendere per non farci mancare un’atmosfera più intima, occhio però che potresti arderti il cappotto senza accorgertene!


Katerina Kamprani
La designer greca Katerina Kamprani con il suo progetto “The Uncomfortable” ha trasformato gli oggetti quotidiani in progetti di design volutamente “cattivi”, e anche qui la frustrazione non è da meno. ​
Riuscireste a stare comodi su una sedia con seduta convessa? E a mangiare con posate tanto spesse? Con la chiave siamo pronti a romperci qualche unghia pur di aprire la porta, e con la forchetta a catenina, beh, non saremmo proprio contenti di rinunciare a un buon pasto.

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​Rolf Sachs
Creando un lavoro che offusca le distinzioni tra arte e design, Rolf Sachs sfida le applicazioni preconcette di materiali e oggetti di uso quotidiano. Queste sedie Koeln, illustrano il conflitto tra forma e funzione, lasciando un'impressione meramente estetica della sedia.
Foto di rolfsachs.com
"Can't sit still" è una sedia che non è in grado di stare in piedi e non ha alcuna funzione pratica.
La sedia "Spineless" è fusa in gomma siliconica flessibile e appesa, molle e incapace di obbedire al soggetto, che mette in discussione la funzione stessa della sedia e il nostro rapporto con esso.​

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Giuseppe Colarusso
Con un ottimo senso dell’umorismo, l’artista Giuseppe Colarusso s’interroga, attraverso il suo progetto “Improbabilità”, sull’utilità degli oggetti di tutti i giorni.
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Foto di giuseppecolarusso.it

T’interessa perdere facile con la racchetta da ping pong bucata? Riusciresti ad aprire una porta con quella chiave? E al solo pensiero di utilizzare il lavandino senza scarico, siamo già chinati con il panno ad asciugare per terra. ​

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Jaime Pitarch
Rendere incapace l’uomo di identificarsi con gli oggetti che ha creato: questo il fine ultimo del lavoro di Jaime Pitarch, artista spagnolo che ha ideato una serie di sculture partendo da oggetti di uso quotidiano.

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Foto di Collateral Magazine
Ancora una volta vediamo reinterpretata la sedia, altissima che si erge sulle sue quattro solide gambe, o fragile che si regge su sottili punte: su entrambe non oseremmo mai sederci. Eppure gli addendi son sempre gli stessi, uno schienale, una seduta e quattro gambe.

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Museo Nonseum, Herrnbaumgarten Austria
​Infine, c’è chi del paradosso ne ha fatto uno statement: è chiamato Nonseum o Museo delle invenzioni inutili ed è stato istituito nel 1984 da Fritz Gall. Attraverso una schiera di dispositivi reinterpretati, i turisti sono portati a chiedersi come e perché un oggetto funzioni effettivamente.
Foto di repubblica.it, focus.it

GLI ADDENDI SON SEMPRE GLI STESSI - ma la funzione no

Abbiamo visto come questi artisti stressano il concetto per evidenziare l’importanza dell’usabilità dei prodotti. Adesso che ne abbiamo paradossalmente private le funzioni, ecco che piano piano riacquistano il loro senso originario.
Riusciremo a guardare gli oggetti quotidiani con occhi diversi?

“Design Picks”: i nostri preferiti di Marzo 2021

5/9/2021

 
Nella puntata di oggi abbiamo selezionato tre edifici a nostro avviso incredibili per la loro storia, per gli obiettivi di progettazione e per il loro meraviglioso design che ci ha lasciato a bocca aperta e con gli occhi sognanti. Ci auguriamo che anche per voi sarà lo stesso, buona lettura! :)

​1. The Strow Bale House – Sarah Wigglesworth & Jeremy Till - Islington, Londra 
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Iniziamo con il tema della sostenibilità ambientale e dell’uso di materiali non convenzionali: chiamata ufficialmente Stock Orchard Street ma conosciuta come Straw Bale House (la casa dalle balle di paglia), questa costruzione è stata progettata dagli architetti Sarah Wigglesworth e Jeremy Till.
Wigglesworth lo descrive come un “giocattolo”, perché l’edificio - completato negli anni 2000 - è stato per i due architetti il fulcro sperimentale di tecnologie verdi e materiali da costruzioni inconsueti, per osare sfatare i cliché dimostrando che l’architettura sostenibile può essere costruita anche nelle aree urbane e non richiede di sacrificare lo stile per la funzionalità. E questa sicuramente è la riprova che la progettazione sostenibile può coesistere con un’estetica fascinosa e attraente!
Considerato uno degli edifici più innovativi del XXI secolo nel Regno Unito, la casa ha vinto molti premi, tra cui il RIBA Sustainability Award 2004, e ha raggiunto una riduzione del 62% delle sue emissioni annuali di anidride carbonica.
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Stock Orchard Street ha raggiunto molto successo grazie al suo coinvolgimento di materiali apparentemente scollegati tra loro, che anzi si armonizzano in modo genuino dando vita a degli inaspettati e originali ritmi visivi, scanditi dalla diversità dei materiali, dai giochi di luce e dalle forme inconsuete.
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Il cancello d’ingresso è composto da graticci di salice intrecciati in un telaio d’acciaio: due materiali lontani tra loro che si fondono superando la convenzionalità con un mix tra medievale e contemporaneo.
Insomma, questa costruzione è un vero e proprio patchwork di materiali che va dall'hi-tech come i gabbioni in calcestruzzo a molla (per smorzare le vibrazioni dei binari della linea ferroviaria adiacente) al materiale di scarto come sacchi di sabbia, cemento riciclato e vecchie traversine ferroviarie.
Tra le caratteristiche della casa vi è l'uso delle balle di paglia d’orzo come isolamento: spesse mezzo metro e provenienti da un agricoltore, avvolgono con un mantello protettivo la zona notte attutendo il rumore della ferrovia e mantenendo il calore all’interno delle stanze.
  
La paglia oltre ad essere riciclabile e biodegradabile, è un materiale poco costoso e senza energia incorporata, che permette un montaggio velocissimo oltre a fornire un isolamento tre volte più alto rispetto a quanto richiesto dalle norme di costruzione.
Invece il rivestimento trasparente in policarbonato e gli schermi antipioggia in acciaio zincato rivestono le balle per proteggerle dagli agenti atmosferici, e per ridurre il rischio d’incendio della paglia esposta che, nonostante siano passati vent’anni dalla sua posa, è ancora ambrata come il primo giorno!
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Dall'ingresso si nota subito un muro trapuntato argento: si tratta di un sistema di rivestimento innovativo, fonoassorbente e con una forte resistenza al vento. La vetroresina siliconata è stata realizzata da un velaio ed è abbottonata all'interno dell'edificio con uno strato isolante e un rivestimento interno anti-umidità. ​
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È interessante notare come i due architetti hanno inteso la progettazione di questa casa: un lento divenire di trasformazioni e migliorie, rispettando le proprietà dei materiali e trovando soluzioni sempre più ecosostenibili.

Anche in una giornata fredda e grigiastra gli interni abitativi sono luminosi grazie alle grandi vetrate esposte a sud. All'esterno invece c’è un grande giardino, dove i due architetti curano l’orto produttivo che fornisce alla coppia ortaggi per sei mesi l’anno.
Photo Credits: themodernhouse.com, swarch.co.uk, dezeen.com, archdaily.com

2. House in a garden - Gianni Botsford Architects - Notting Hill, Londra

​Un padiglione con tetto in rame in un giardino urbano nascosto: House in a Garden di Gianni Botsford Architects è un'abitazione molto insolita a cui si accede attraverso uno stretto passaggio lungo una villa di Notting Hill del 1840. Il progetto ha previsto la demolizione di un bungalow degli anni '60 e la sua sostituzione con una casa contemporanea che pone l'attenzione sulla manipolazione della luce naturale, fulcro da cui si snodano tutti gli ambienti domestici.
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La struttura si presenta come una gemma nascosta tra le file di case tradizionali che costeggiano il famoso quartiere. La vera sfida del progetto è stata capire come perforare con la luce l'edificio di oltre 200 mq, soprattutto portare la luce naturale a 8 metri sottoterra. Infatti, dal piano terra la casa scende su altri due piani, tra stanze da letto, zone giorno e una piscina di 10 metri.
Per fare ciò, gli architetti hanno studiato un'elaborata composizione di finestre e pozzi di luce, che culmina nel teatrale tetto in rame. La struttura di quest’ultimo, è caratterizzata da una fluidità scultorea che protende verso il cielo e le cui curve sostengono un lucernaio di vetro. Il telaio è composto da travi lamellari in legno di abete, e ogni suo singolo pezzo è il risultato di un’attenta elaborazione di modelli tridimensionali forniti da Gianni Botsford Architects. I pezzi sono unici, si curvano in tre direzioni e sono stati prefabbricati nelle Dolomiti per poi esser trasportati in loco e messi in posizione.
Il tetto è incantevole e appare fluttuante grazie al contrasto con le pareti in vetro del soggiorno, che alleggeriscono e al tempo stesso legano l'interno della casa al giardino circostante e al suo contesto urbano.
Il rame ricorre in tutta la casa, nelle superfici della cucina al piano terra e nei dettagli delle stanze sottostanti, aggiungendo calore tonale agli interni, resi ancora più brillanti quando illuminati dai pozzi di luce. Poiché materiale naturale estratto dalla terra, il rame risuona bene con l'idea che gran parte della casa sia modellata sottoterra e non solo: grazie alle sue superfici si fonde con il riflesso dell’ambiente circostante creando giochi visivi sempre diversi e inaspettati.
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Le tecniche di modellazione 3D sono state utilizzate fin dall'inizio per testare le idee e far evolvere l'architettura dell'edificio, non solo per la realizzazione del particolarissimo tetto ma anche per condurre analisi digitali sulle possibilità tridimensionali offerte dalla luce, in termini di forma strutturale e organizzazione degli spazi domestici.

Photo Credits: giannibotsford.com, archdaily.com
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3. Stepping Stone House – Hamish&Lyons – Berkshire, Inghilterra
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Sollevata su pilastri di acciaio sopra un lago, la Stepping Stone House è uno splendido progetto di estensione di una casa, realizzato dallo studio di architettura Hamish & Lyons. Leggero come un origami, il complesso si appoggia sul suo ambiente acquoso sfruttando le qualità naturali: lago, alberi, felci, prati e giochi mutevoli di sole e ombra, che si rincorrono sull'acqua e negli interni domestici.
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Il compito degli architetti consisteva nel riqualificare gli edifici poco utilizzati e soggetti a inondazioni per formare alloggi aggiuntivi connessi alla casa. Un'attenzione specifica è stata data ai figli dei clienti (cinque ragazzi di età compresa tra 8 e 15 anni) tutti aventi l'ADHD. Il design di Stepping Stone House cerca di coinvolgere la famiglia con gli effetti calmanti della natura attraverso l'uso della luce, strutture organiche e materiali naturali.
Le due nuove strutture sono collegate tramite una passerella di legno sopraelevata e continua. La struttura più piccola, cui si accede tramite i gradini sul lago, è utilizzata come una guest house indipendente, mentre la struttura più grande è un’altra zona giorno collegata alla casa tramite un ponte strutturale in vetro. ​
Entrambi gli edifici sono “apribili” l'uno all'altro poiché tutto il vetro a terra è concepito come ante scorrevoli. Di notte gli spazi possono essere “chiusi” e “schermati” con tapparelle per avere una maggiore privacy.
Le palafitte, che consentono l’accesso a filo della casa esistente, hanno lo scopo di elevare gli edifici sopra il lago risolvendo il problema delle acque alluvionali e permettendo alla famiglia di poter nuotare sotto gli edifici, caratteristica molto apprezzata dai bambini. ​
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Entrambe le strutture sono sormontate da tetti spioventi caratterizzati da gronde volutamente enfatizzate, che riparano gli interni domestici dalla luce solare diretta e permettono di avere uno skylight anche sopra la passerella che collega le due zone giorno.
I tetti sono sostenuti da pilastri portanti a forma di Y di legno lamellare, le cui sommità si separano per dare spazio ai bellissimi lucernari che si estendono per tutta la lunghezza di entrambi gli edifici, offrendo una luce costante di giorno e un panorama stellato di notte. ​
Gran parte degli edifici è stata prefabbricata, garantendo quindi una rapida costruzione in loco e il minimo spreco di materiali. Hamish & Lyons ha sviluppato questo progetto non solo in funzione del cliente, ma come un metodo costruttivo che può essere utilizzato in siti in cui l'acqua è predominante, ad esempio terre costiere e pianure alluvionali.

Photo Credits: willscottphotography.com, hamishandlyons.com
Che cosa accomuna queste tre architetture?
Seppur apparentemente slegate tra loro, vi è secondo noi un filo conduttore: l’integrazione del mondo artificiale in quello naturale rispettando i doni della natura senza abusarne, attraverso un processo di scelte consapevoli e sostenibili. Anche un altro principio lega queste tre architetture: l’uso della luce inteso come elemento indissolubile rispetto al concetto di abitazione, in funzione della quale vengono progettati e modellati tutti gli interni domestici.
Eccoci alla fine di questa puntata! Queste case ci hanno davvero fatto emozionare, qualcuno di voi le conosceva? In attesa della prossima puntata, fateci sapere se l’articolo vi è piaciuto!

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